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Siena, l'addio a Raffaello Ginanneschi: "Ciao Lello, ci hai insegnato ad essere umili e presenti"

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La città di Siena si è ritrovata sabato 3 dicembre alle ore 10 in una Provenzano gremita per salutare Lello, il priore buono, venuto a mancare troppo presto all’affetto dei suoi cari e di quanti gli hanno voluto bene. “Eri una colonna, a te ci si poteva appoggiare sempre. C’eri sempre e anche non volendo riuscivi a dare un aiuto, un supporto”, ha detto la nipote Costanza, visibilmente commossa.

 

Così come commossa era tutta la comparsa della contrada della Giraffa. Che all’uscita da Provenzano ha accompagnato il feretro: tutti i giraffini che componevano la comparsa avevano gli occhi rossi e lucidi di pianto, a prova e conferma di un dolore forte e vibrante presente nei loro animi.

Il funerale di Raffaello Ginanneschi si è svolto come vuole il rituale contradaiolo nei casi della morte di un priore. Erano presenti tutti gli altri onorandi, i paggi maggiori di tutti i rioni con le bandiere listate di nero, i capitani. C’era il sindaco di Siena Luigi De Mossi a rappresentare il Comune; primo cittadino che aveva già voluto dedicare un pensiero e un ricordo a Ginanneschi la sera di Sant’Ansano in Duomo, definendo Lello “un bravo e un grande senese, gioviale, aperto, sereno, molto solare”. C’erano gli amici di una vita, i contradaioli con i quali ha condiviso ricordi, emozioni e la quotidianità di una vita per decenni. C’erano gli amici e colleghi della Cna e i suoi colleghi e amici giornalisti. C’erano tantissimi senesi che nel tempo hanno avuto modo di conoscerlo e di apprezzarlo per quello che era.

 

Il rito è stato celebrato dal cardinale Augusto Paolo Lojudice. “L’idea della morte – ha detto – ci porta a riconoscere le priorità della vita, l’essenziale. La corrente profonda della vita ci trascina verso il bene, così da lasciarci alle spalle cose futili, rabbia, frustrazione. Coraggio e determinazione sono aspetti fondamentali per andare verso il bene. Non dobbiamo avere timore ma il coraggio di riconoscere ciò che il mondo ritiene quasi un’assurdità, vale a dire la resurrezione”. Lojudice che, come aveva fatto anche per Sant’Ansano, ha utilizzato la metafora del “pungiglione della morte”, qualcosa verso cui tutti inesorabilmente andiamo ma che possiamo spezzare se riusciamo a vivere “pieni dello Spirito santo”.

Affranto anche don Tito Rovai, che ha definito Ginanneschi un uomo “innovativo ed entusiasta”. “Volevi essere un priore vittorioso ma lo sei, basti vedere quante persone sono qui oggi per te”, ha detto. Per poi ricordare una delle prime iniziative volute da Ginanneschi una volta divenuto priore, vale a dire andare a salutare tutti i giraffini sepolti non solo nei cimiteri cittadini ma anche in quelli della periferia.

“Ci hai insegnato a essere umili e presenti”, ha detto il vicario del rione di via delle Vergini, Edoardo Giomi. La cui voce si è rotta dall’emozione durante il discorso. “Ci hai insegnato – ha proseguito – che avere un incarico significa che si deve essere i primi al servizio della contrada e i primi che devono mettersi a disposizione degli altri”.

La nipote Costanza ha fatto un ricordo struggente, di chi per tutta la vita ha avuto accanto uno zio presente, dolce e premuroso: “Eri una colonna per tutti – ha detto. – Eri un uomo generoso e buono. Hai messo semi che daranno ottimi germogli che noi cercheremo di annaffiare ogni giorno. Sei stato energia pura, solido punto di riferimento”.

Poi l’ultimo saluto alla Piazza, commovente, struggente. Con il feretro alzato di fronte alla conchiglia senese in onore di un uomo che ha dato tanto e che ha voluto molto bene alla sua città.